Chicco di mais d'Aquileia

Abbiamo incontrato per la prima volta il “Ros d’Aquileia” lo scorso inverno ad un’incontro di seed savers alla pasticceria Mosaico, naturalmente di Aquileia. Stava chiuso dentro un sacchetto di cellophan come fosse una pietra preziosa: un chicco color dell’ambra. C’era dentro quel sacchetto un’esigua manciata di chicchi, sufficiente però alla raccolta di quel tanto di mais che ci sarebbe servito per delle fantastiche polente invernali.

LA STORIA DI UN MAIS SALVATO
Fu Paolo Chendi che divise con noi, come con altri, il suo mais con la sentita preghiera di accudirlo: coltivandolo e poi conservandone una parte così da portare avanti una varietà in via di estinzione. In tutto il Friuli Venezia Giulia, unica sede di questa varietà di mais, esiste una quantità veramente esigua di questo prodotto così ricercato.

A dicembre abbiamo fatto una chiacchierata con Paolo. In quel giorno ci aiutò a sgranare con una vecchia spannocchiatrice manuale i nostri pochi chili di mais coltivato in 100mq di orto. Noi riuscimmo a fargli raccontare un po’ della storia di questo cereale che vi invito ad ascoltare direttamente dalla sua voce.

COME SI SGRANAVA UNA VOLTA
Di seguito vi mostriamo alcune foto del processo di lavorazione del mais: la pannocchia ormai secca pronta per la raccolta a mano che abbiamo fatto appena a metà ottobre; la pulizia della pannocchia dagli eventuali marciumi con un’attrezzo di cui sigh, non so riportare il nome, ma che vedete fotografato; le “reste” di pannocchie che abbiamo appeso ad asciugare per alcuni mesi sotto una tettoia arieggiata; la spannocchiatura di dicembre; quindi l’ulteriore asciugatura dei chicchi felici di stare al caldo della mia stube (insieme a me in poltrona!). Infine, una parte dei chicchi li ho riposti a conservare in una damigiana di vetro a sollazzare prima di rimetterli in campo (e mi raccomando fate il vostro dovere di semi!), il resto ha fatto la fine che si merita: macinata dal mugnaio e finita poi nella mia pentola. Ma questa è un’altra storia!